Edizione XVI del 2008 al Avv. Lucio TROJANO, 27 settembre 2008.
Umorista e Grafico.
UMORISTA – GRAFICO di FAMA INTERNAZIONALE, AUTORE di NUMEROSISSIME PUBBLICAZIONI e VINCITORE di PRESTIGIOSI PREMI NAZIONALE ED ESTERI.
Rassegna Stampa.
19.8.2008:
Al disegnatore Lucio Trojano il “Frentano d’Oro” 2008.
http://www.pagineabruzzo.it/notizie/news/Chieti/9600/Al_disegnatore_lucio_trojano_il_frentano_d_oro_2008.html
http://www.pagineabruzzo.it/articoli/speciali/9600.php
Quest’anno il “Frentano d’Oro” a Lucio Trojano.
https://www.vastospa.it/html/notizie_dal_mondo/prov_ch_pe_trojano_lucio.htm
Relatori della serata di premiazione la scrittrice Delfina Metz e il Giornalista Rai Ennio Bellucci.
ALBO D’ORO dei GARANTI.
I Edizione 1998: Maestro MARIO CEROLI, Scultore, conosciuto in tutto il mondo e definito dalla critica internazionale il moderno Leonardo, che trasforma in arte i più umili elementi della natura. Alla cerimonia hanno partecipato in veste di relatori i critici d’arte Prof. Domenico Policella e lo studioso di Etnia Frentana Padre Gian Maria Polidoro Frate della Porziuncola Madonna degli Angeli di Assisi.
II Edizione 1999: Prof. MARCELLO DE CECCO, insigne Economista, Professore ordinario di Economia Monetaria, Storico ed Editorialista di prestigiose testate di giornalismo economico. Alla cerimonia hanno partecipato in veste di relatori il Prof. Luigi Spaventa, già Ministro del Tesoro ed il giornalista Paolo Gambescia.
III Edizione 2000: Prof. ALESSANDRO PACE, eminente Costituzionalista, Professore ordinario di Diritto Costituzionale. Alla cerimonia sono intervenuti come relatori il Prof. Leopoldo Elia emerito Presidente della Corte Costituzionale ed il Prof. Carlo Mezzanotte, Giudice Costituzionale.
IV Edizione 2001: Ing. GUERRINO DE LUCA, Amministratore Delegato e Direttore Generale della “Logitech International”, leader mondiale dell’alta Tecnologia. Alla cerimonia è intervenuto come relatore dagli Stati Uniti l’Ing. Enzo Torresi “Venture-Capitalist”, fondatore delle più prestigiose aziende americane di informatica.
V Edizione 2002: Maestro DONATO RENZETTI, Direttore d’Orchestra, nome tra i più insigni nel panorama concertistico nazionale ed internazionale. Alla cerimonia sono intervenuti quali relatori: il Prof. Walter Tortoreto Direttore dell’Istituto di Musica della Università degli Studi dell’Aquila ed il Prof. Piero Rattalino, Direttore artistico del Teatro Massimo di Catania.
VI Edizione 2003: Prof. DOMINIK SALVATORE, Economista, Professore Universitario alla Fordham University di New York, Consulente Economico delle Nazioni Unite, Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale. Alla cerimonia di consegna del premio sono intervenuti quali relatori il Prof. Carlo Pace, Presidente di Sviluppo Italia ed il Prof. Carlo Secchi, Magnifico Rettore della Università Bocconi di Milano.
VII Edizione 2004: Prof. TAZIO PINELLI, Professore Ordinario di Fisica Nucleare presso l’Università di Pavia, divenuto famoso nel mondo per avere condotto con la collaborazione dei Fisici Nucleari della stessa Università una lunga ricerca dedicata allo sviluppo di una originale terapia per la cancerosi diffusa negli organi umani mediante un innovativo trattamento con neutroni. Alla cerimonia sono intervenuti come relatori il Prof. Alberto Gigli Berzolari, già Presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, emerito Rettore della Università di Pavia ed il Dott. Stefano Graziani, chirurgo presso l’Ospedale “Renzetti” di Lanciano.
VIII Edizione 2005: Prof. DOMENICO de ALOYSIO, Professore Ordinario e Direttore della Clinica Ostetrica e Ginecologica presso la Università di Bologna. Relatori il Prof. Francesco Antonio Manzoli, Professore Ordinario di Anatomia Umana Normale della Università di Bologna e la Prof.ssa Maria Luisa Altieri Biagi, Professore Ordinario di Storia della Lingua Italiana, Accademica effettiva della Crusca e dell’Istituto delle Scienze dell’Università di Bologna.
IX Edizione 2006: NICOLA CERRONE, Maestro dell’Arte orafa, creatore di gioielli, la cui eleganza e raffinatezza di stile, fanno delle sue “Creazioni” delle vere e proprie opere d’arte. Alla cerimonia sono intervenuti come relatori l’Avv. Prof. Gerardo Brasile, noto storico e critico d’arte ed il Dott. Domenico Maria del Bello, Ispettore Archivistico Onorario per l’Abruzzo.
X Edizione 2007: Professor ENIO MARTINO, Professore Ordinario di Endocrinologia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia della Università di Pisa e Direttore del Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo della Clinica Universitaria. Relatori i Proff.: Giulio Giordano e Gaetano Lombardi, Docenti universitari.
Il pensiero di Ennio De BENEDICTIS.
Lucio Trojano, umorista e disegnatore di fama internazionale, vincitore di ambitissimi premi, autore di numerose pubblicazioni tra le quali “L’Abruzzo a lapis” per la Collana di Studi Abruzzesi, ha sempre posto in evidenza il suo raffinato umorismo, garbato, ammiccante ed intelligente.
Nonostante lontano, é sempre rimasto legato alla Terra Frentana.
E i Frentani intendono anche per questo rendere omaggio alla sua Arte, tanto legata alle sue origini, conferendogli il premio “Frentano d’Oro” Edizione 2008.
PRESENTAZIONE del Giornalista Mario GIANCRISTOFARO.
Se gli chiedi perché disegna vignette umoristiche, risponde con candida semplicità: «perché mi evita di parlare».
Così Lucio Trojano, umorista grafico di fama internazionale, lancianese doc che vive e lavora a Roma, sintetizza la sua passione e la sua scelta di vita.
Ma non è vero che non gli piaccia conversare: certo, detesta i salotti referenziali, dove si parla del nulla, ma con gli amici, con le persone genuine, con quanti stima e apprezza, si intrattiene con schiettezza e affabilità.
Ne ho avuto riprova io stesso nel pur breve incontro avuto con lui per mettere a punto la presentazione di questa pubblicazione. Non ho trovato difficoltà a capire come e perché Lucio Trojano abbia messo da parte la sua laurea in Giurisprudenza e si sia dedicato, con risultati straordinari, alla sua vocazione di disegnatore umorista.
L’Associazione “Il Frentano d’oro”, giustamente, si è ricordato di Lucio Trojano per l’assegnazione del Premio 2008, giunto felicemente alla sua XI edizione.
«La scelta
– dice il Presidente Ennio De Benedictis –
risponde pienamente allo “spirito” del Premio, che è quello di dare riconoscimento e testimonianza a una persona nata nella Frentania, ma che si è affermata altrove, nel campo delle Arti e delle Professioni, dando lustro alla propria terra di origine e conservandone contatti e ricordi».
La nomina di Trojano, dopo attento esame delle indicazioni pervenute all’associazione, è stata deliberata dal direttivo e ratificata dal “Comitato dei Garanti”, composto dai vincitori del Premio degli scorsi anni. Altri, con giusta autorevolezza, parleranno in questa pubblicazione dell’uomo Lucio Trojano e delle sue opere, come i relatori della serata di premiazione al Teatro Fenaroli, la scrittrice Delfina Metz e il Giornalista RAI Ennio Bellucci, ne tracceranno il profilo professionale. E nel curriculum si trova la sua vasta e pregevole produzione.
Io aggiungo solo qualche riflessione e alcune sensazioni.
Che Lucio Trojano sia molto legato alla sua Terra di origine, a Lanciano come all’Abruzzo intero, non può sfuggire a nessuno: basta far riferimento ai suoi “lavori”. Dai Frentani ai Marrucini, dai Vestini ai Peligni, dai Pretuzi ai Marsi, ce n’è davvero per tutti i “popoli” abruzzesi. E poi, l’ultima grande opera “L’Abruzzo, a lapis”, edito dalla Presidenza del Consiglio Regionale, un elegante cofanetto con quattro preziosi testi, uno per ogni provincia, in cui Trojano, con rara efficacia
e con umorismo sottile e intrigante, illustra storia, tradizioni, folklore e uomini delle Genti d’Abruzzo. Ecco perché dice:
«Sono agitato e commosso per il “Frentano d’Oro”, certamente il Premio più bello che abbia mai avuto perché mi giunge dalla mia Terra di origine, e in più mi va a collocare in un elenco di premiati davvero di grande spessore».
Sulla validità, poi, artistica e professionale di Trojano ci sono le testimonianze dei tanti e ambiti premi e riconoscimenti ottenuti, tra i quali quelli del Consiglio d’Europa di Strasburgo, dell’Esposizione mondiale della Caricatura di Berlino,
dell’Internazionale Kartoenale di Beringen.
Di rilievo anche le sue collaborazioni a importanti testate nazionali e straniere.
Tiene a specificare, Trojano, di essere “umorista di costume” e non “umorista politico”.
Come dire che ha seguito la strada più difficile per affermarsi, essendo più facile trovare successo legandosi a qualche “gruppo” di potere, politico o mediatico. «Ma, – commenta, – mi va bene così, perché la satira di costume resta, quella politica è di passaggio».
Il nome di Lucio Trojano, nell’Albo del “Frentano d’Oro”, si aggiunge a quelli dello Scultore Mario Ceroli, dell’Economista Marcello De Cecco, del Costituzionalista Alessandro Pace, del Manager dell’Informatica Guerrino De Luca, del Direttore d’Orchestra Donato Renzetti, dell’Economista Dominick Salvatore, del Fisico Tazio Pinelli, del Ginecologo Domenico de Aloysio, del “Re dei diamanti” Nicola Cerrone, infine dell’Endocrinologo Enio Martino.
CURRICULUM del Garante d’Oro LUCIO TROJANO.
Lucio Trojano è nato a Lanciano (Chieti) nel 1934. Laureato in Giurisprudenza, disegnatore umoristico ha collaborato a vari giornali italiani e stranieri tra i quale Paese Sera, Il Travaso, Marc’Aurelio, Il Tempo, Eulensopiegel (Germania), Carsaf (Turchia), Kayhan Caricature (Iran), Jez (Iugoslavia) ecc.
Autore di vari volumi: “HumourRoma”, premiato all’Internationale Kartoenale 1990 Beringen (Belgio); I Frentani , (Palma d’Oro per la letteratura illustrata al I Salone Intenazionale dell’Umorismo di Bordighera 1990);
I Marrucini, I Vestini, I Peligni, I Pretuzi, I Marsi, Abruzzo, Humor e l’Abruzzo a Lapis.
Ha illustrato: “Lo sbarco sulla Luna” di Massimo Grillandi (F.lli Palombi Ed.), “Il Salvaserata” di Delfina Metz (Edizioni Sugarco”, “S. Francesco” di Bartolomeo Rossetti (Ed. Porziuncola), “Un Tappeto come vela” di Gianfranco Pacchiani (Passigli Editori).
I suoi disegni sono stati pubblicati su:
“Così ridono gli italiani” di A. Chiesa,
“Who’s Who in satira e Humor” (Svizzera, Knaurs-Lachende Welt (Germania),
“La cucina Abruzzese” di A. Molinari Pradelli, “Diana Smaler” (Svezia).
Vincitore di prestigiosi premi:
Premio “Venezia da salvare” Salone Internazionale dell’Umorismo Bordighera 1972;
1° Premio Consiglio d’Europa Strasburgo, 1973;
1° Premio “Palma d’Oro” per il disegno Bordighera 1979;
San Valentino d’Oro Terni 1980;
1° Premio Esposizione Mondiale della Caricatura, Berlino 1980;
1° Premio per la Satira Politica “G. Scalarini”, 1982;
Premio “Maiella” Rho 1999;
Premio “Città di Dolo” alla carriera 2004.
Ha eseguito lavori pubblicitari per Citibank, Ford, Siae, Spigadoro, Aci, Villa Banfi, Cit-Coni, British Layland,
inoltre, ha partecipato con suoi disegni a vari programmi RAI-TV.
Fa parte di giurie di premi Nazionali ed Internazionali:
Bordighera, Istanbul, Tolentino, Dolo, Belgrado, Lanciano, Skopje, Teheran.
Le sue opere sono esposte nei Musei dell’Umorismo di Gabroro (Bulgaria), Tolentino, Istambul e Basilea.
Numerose le Mostre collettive e personali tra cui un’interessante antologia a Rho.
TESTIMONIANZE: Mario Pupillo, Armando Ginesi, Mario Accolti Gil, Leone Paleari, Luigi Morgione, Alfredo Ferruzza, GianMaria Polidoro, Franco Speroni, Giulio Andreotti, Francesco Iengo, Gigi Proietti, Carlo Azeglio Ciampi, Giuseppe Selvaggi, Delfina Metz, Gianni Letta, Massimo Cutò.
Mario Pupillo, Medico dell’O.C. “Renzetti”, Lanciano.
Lucio Trojano ho avuto il piacere di conoscerlo circa dieci anni orsono. È quindi un’amicizia relativamente recente, di quelle che a volte potrebbero non essere considerate forti e inossidabili. Invece il sodalizio con Lucio sembra antico per le assonanze che abbiamo scoperto e costruito.
Quando tentai, insieme agli “Amici della ribalta” e ad Adolfo Cardascia, di riproporre a Lanciano la Rassegna Nazionale della Vignetta Umoristica, nata nel lontano ’65 grazie a quello straordinario gruppo di umoristi lancianesi che rispondono al nome di Giuseppe Rosato, Gaspare e Gigino Morgione, ricevetti un sì, incondizionato ed entusiasta che mi colpì. Entrammo subito in sintonia, come accade in quelle persone che condividono scopi, ideali e passioni.
Da allora Lucio è mio amico.
Lucio rappresenta per me, lancianese acquisito ma non meno fondamentalista, un esempio di attaccamento e amore alle sue origini.
Con il suo umorismo ha preso di mira la società ma anche Lanciano e il nostro Abruzzo, con dolcezza ed eleganza, con un delicato approccio mai sfociato in satira o battute polemiche o pungenti, ma con il solo fine di far riflettere per migliorare.
Lucio sa portare a superficie e rendere godibili aspetti nascosti o inavvertiti da noi comuni mortali e sa creare quella risata che aggrega, che coinvolge, senza mettere nessuno in imbarazzo.
Riflette la sua natura di uomo colto, mite ed umile, a volte persino eccessivamente schivo.
Non ho sicuramente la competenza per dare un giudizio sulle sue opere e questo mio intervento non ha queste finalità, ma vorrei sottolineare che Lucio ci ricorda che si può ridere di una realtà complessa, complicata, deforme. Ci aiuta a saper leggere o ri-leggere la nostra società, il folklore, i nostri vizi e difetti, mai mettendoci alla gogna ma con leggerezza, con interpretazioni originali e spiazzanti, scoprendo aspetti imprevedibili in parole, usi, costumi.
Ci invita a riflettere nascondendo il difetto, anche il più grave, dietro la risata che consolatoriamente ci ricorda la nostra “piccolezza” di fronte all’universo; lo stesso universo che ci propina piccoli e immensi interrogativi, domestici ed universali che sa descrivere prevalentemente con il disegno, raramente con l’aiuto delle parole.
I premi ricevuti a livello nazionale ed internazionale confermano coma abbia saputo usare un linguaggio umoristico planetario senza mai dimenticare le sue origini e la sua Terra frentana.
Lucio ha la fortuna di avere a fianco una donna straordinaria come Marcella, di verace e solare autenticità; romana, di animo e corpo, capace di amplificare le sue intuizioni immergendolo in un humus di spassosa serenità.
Insomma Marcella è capace di prendere in braccio il suo Lucio e guidarlo e sostenerlo nel suo impegno di Umorista.
Qualche nota di gossip ci segnala che tutto ciò che accade oggi metaforicamente, tanti anni orsono accadde concretamente, al varcare della soglia domestica il giorno di nozze. Marcella prese in braccio l’allora peso piuma Lucio e gli fece oltrepassare il sacro limite, sovvertendo una tradizione maschilista.
Ecco un ulteriore motivo che spiega i successi di Lucio che da allora, ovviamente, non ha mai contrastato il femminismo.
È proprio vero! Vicino ad un grande uomo c’è sempre una grande donna. Spero che Marcella non prenda questa mia affermazioni in termini dietetico-nutrizionali.
Insomma grazie Lucio e Marcella; incontrarvi è bello, è vivere.
In questa società che ci ricorda ingiustizie, tasse e conflitti, ridere ormai è una medicina insostituibile, non dispensabile dal Sistema Sanitario Nazionale.
Armando Ginesi.
COL SORRISO (ANCHE AMARO), SULLE LABBRA.
Si ride in tanti modi: a bocca chiusa; ma con le labbra dischiuse; a crepapelle. Si ride e si sorride.
Totò diceva: “Mi scompiscio dalle risate”.
Con Lucio Trojano e il suo umorismo fine non ci “scompiscia”; si sorride, tirando all’indietro, verso le orecchie, i muscoli labiali e quelli facciali. Ma si ride dentro, a volte anche con un po’ di pena nel cuore. Come si fa con la satira che ironizza sulle vicende amare della vita e denuncia quello che non va: “Castigat ridendo mores”, dicevano di essa i Latini.
Lucio Trojano, con la sua matita (o penna) lieve, fa satira del costume. Denuncia ciò che, secondo lui, va denunciato: la divisione troppo netta della società in due parti: quella degli egemoni e quella dei subordinati (leggi sfruttati); di quelli che gestiscono il potere e di quelli che lo subiscono passivamente; dei prepotenti e delle vittime. Ma lo fa non a sciabolate, bensì in punta di fioretto.
La denuncia ch’egli muove contro le ingiustizie, soprattutto sociali, è gentile come la sua figura e incarna la levità d’un pacifismo alla Gandhi, essendo egli convinto che, alla fine, le catene finiranno per frantumarsi, come ci racconta una sua vignetta, vincitrice del Premio alla Biennale Internazionale dell’Umorismo di
Instambul, nella quale, all’interno di una clessidra (il tempo), le catene (le costrizioni, i soprusi), trapassando nella sfera sottostante, si spezzano, trasformandosi in anelli aperti, segni di una libertà che deriva dalla vittoria del metodo della non violenza.
Dunque è ottimista o pessimista la visione ironica del mondo che Trojano possiede e ci trasmette? Io direi che al pessimismo di fondo col quale vede trascorrere le cose della storia, egli unisce la speranza che un giorno esse cambieranno. Come dire: al pessimismo della Ragione risponde l’ottimismo della Volontà.
È questo l’atteggiamento del nostro Autore, più riformistico che rivoluzionario: egli non urla, non si dimena, non insulta e non offende, ma non rinuncia a dire quel che il cuore gli detta e insinua , dolcemente, garbatamente, i sospetti verso tutto quello che non va, affinché le coscienze ne prendano consapevolezza, sia pure attraverso il sorriso, e agiscano in direzione del giusto.
“C’è poco da ridere” è il titolo che lo stesso Trojano ha voluto dare all’esposizione e ciò dimostra quanto sia corretto quel che si diceva sopra, ovverossia che la lente attraverso la quale egli guarda la vita è critica ed inclina ad un pessimismo che gli fa cogliere la negatività superficiale dell’esistenza.
Tuttavia esso evidenzia anche il paradosso che si crea tra una siffatta titolazione (quasi invitante a non ridere perché le cose sono serie e, dunque, “C’è poco da ridere” ed una Mostra dedicata al disegno umoristico.
Ma il paradosso, si sa, oltre ad essere il segno distintivo dell’Arte in generale, lo è in particolare di quella umoristica, vale a dire del contrasto e della sproporzione che esistono tra l’ideale e il reale. Da tale contrasto e da questa sproporzione nasce l’impulso ad una analisi critica ma ironica.
Come i lavori di Trojano palesano facendo sorridere, magari con un velo di tristezza che sale dal fondo dell’anima.
Mario Accolti Gil, (da Paese Sera, giugno 1973).
VENEZIA AFFONDA MA CON FINE UMORISMO.
A metà maggio scorso si è tenuta a Strasburgo, ospite del Consiglio d’Europa, una mostra intitolata all’agonia di Venezia vista dagli umoristi.
“Anche davanti ad un problema di così vasta risonanza mondiale, come quello della sopravvivenza o della fine di Venezia – ha dichiarato in quell’occasione Andreotti, allora Presidente del Consiglio personalmente intervenuto a dar lustro alla manifestazione –
l’umorismo, quello vero, intelligente e coraggioso può diventare uno strumento di diffusione culturale a largo respiro; uomini di Paesi con struttura e mentalità diverse possono benissimo affiancarsi nella comune esigenza di individuare con il senso dell’humour ciò che nell’uomo v’è di più vero e di più profondo”.
Passando quindi dalla sua filosofia dei rapporti internazionali alle cose di cosa nostra, l’On. Andreotti ha tenuto a ricordare che
“l’Italia ha compiuto proprio in questi giorni un suo preciso dovere: quello di emanare una legge organica appositamente destinata alla salvaguardia di Venezia”.
Senonché il disegno premiato, di Lucio Trojano, 38 anni, abruzzese, romano di adozione, mostrava una gondola, simbolo di Venezia, colare a picco in un mare di carta bollata. Davanti al rischio di essere battuto proprio sul piano dell’umorismo, l’ex Presidente del Consiglio ha fatto ricorso a tutto il suo fair play.
A Guido Gonella, l’ex Ministro di Grazia e Giustizia, il quale gli faceva osservare, scandalizzato, che ci si trovava davanti ad un uso illegale perseguibile a termini
di Legge, dei valori di Stato, Andreotti rispondeva che anzi quella di Trojano doveva essere giudicata azione benemerita, che faceva entrare soldi nelle casse dello Stato.
Coi tempi che corrono, una simile battuta può parere un tantino osée: non a Giulio Andreotti, aduso a ben altre audacie.
L’esposizione di Strasburgo è stata organizzata dal Salone Internazionale di Bordighera, il quale l’anno scorso aveva infatti assegnato Venezia come tema fisso ai suoi partecipanti.
Leone Paleari, (Gala International 1976).
NUDI AL MITO.
Da bambino, a Swansea, nel Galles dove ho vissuto e che non dimentico, ho fatto un sogno che mi ha molto impressionato e che continuo a portarmi dietro come una delle prime e più significative esperienze del Mondo. Ho sognato una folla di personaggi comuni in una città comune: tutti, però, uomini e donne, avevano la
testa fatta di mattoni. Che cos’era, un presagio inquietante delle metropoli dove mi sarei presto trasferito? Ora ho davanti una vignetta di Lucio Trojano: gente per la strada, gente con la testa fatta di mattoni. Così esorcizzo il mio sogno.
Così l’umorismo esercita una delle sue funzioni più importanti: la demitizzazione. Demitizzare non significa demolire qualunquisticamente i miti in quanto tali, significa spiegare i miti negativi facendone emergere l’intima stupidità.
Trojano è molto abile in questo.
Il bimbo prigioniero della scuola non è neoretorica, è il fotogramma di una realtà che va demolita anche ridendo. I “nodi che vengono al pettine” diventano, da frase fatta, frase disfatta, eco di rabbia, protesta, ghigno. L’homo photographicus, l’iperrealista capace di cogliere solo l’apparenza delle cose è identificato, smascherato, inchiodato elegantemente alle sue responsabilità.
L’umorismo di Trojano inclina verso l’ironia. Spesso, per difendersi, anche verso l’autoironia. Il segno delle sue vignette è tradizionale: più interessante la costruzione dei suoi lavori. Torniamo alla popolazione di mattoni: l’idea che sta alla base di questa vignetta è molto buona; la realizzazione passa attraverso le griglie del riferimento obbligato a un umorismo conosciuto, diretto, facile; l’idea iniziale si salva, pur stemperandosi nel sorriso sdrammatizzante.
È un modo efficace di rispondere a chi, con immagini conosciute, dirette, facili, suadenti, ci esorta quotidianamente a correre nudi al mito.
In cambio ci viene promessa una pace fasulla, una pace battuta sui tasti di una macchina per scrivere che ha la canna di un fucile come rullo.
Luigi Morgione.
UN CAVALIERE IRONICO E GENTILE.
Appena si entra nella sua casa romana, dove abita con la moglie Marcella in un’atmosfera di perenne cortesia, si respira subito un’aria nuova, fatta d’impalpabili suggestioni: sono barlumi vaganti, tranquilli preludi a battute dal piglio diligente e pulito.
Le pareti sono zeppe di vignette e disegni suoi e di amici, quasi tutti mostri dell’Umorismo internazionale (spiccano Mordillo, Quino, Born e Peynet) e tutti gli hanno dedicato una testimonianza d’affetto, cosicché le stanze assumono l’aspetto ilare – luce e colori sventagliati senz’ordine – di quelle aule scolastiche dove l’assoluta libertà inventiva scioglie in pacifica coesistenza voci innocenti e bagliori d’ingegno.
Per Trojano, le vie dell’umorismo sono come quelle della Provvidenza: infinite.
Le riviste di filatelia, di motori, di fotografia possono ospitare tranquillamente le vignette di Trojano, che così passa, disinvoltamente, dal fuoco dei cannoni a quello degli obiettivi fotografici, dai motori a trazione anteriore alle buste “primo giorno”.
Trojano disegna cartoline del Giubileo, magliette per l’Anno Santo, il manifesto di stoffa che festeggia lo scudetto della Lazio, copertine di dischi, lanci pubblicitari, Trojano insomma ci sembra uno di quei cantastorie delle piazze di provincia, che suonano strumenti vari con le mani e i piedi e che se non lo fanno anche con le
orecchie e il naso è soltanto perché sono a corto di strumenti.
Diciamo pure: c’è qualcosa di indefinibile nell’umorismo di Trojano, di incatalogabile. Una bottiglia piena, senza etichetta: e dentro, qualcosa che ti afferra l’interesse, ti spinge a percorrere i segni e le situazioni con una curiosità che non si contenta di se stessa ma arriva, senza apparenti entusiasmi, al consenso.
Ricordiamo bene le sue prime prove. Si trattava di disegni diligenti, curati, quasi sempre senza parole. La battuta facevi presto ad individuarla dietro a un viso stravolto o ad uno sguardo assente. Il surrealismo, il macabro senza cattiveria, l’umorismo nero che riesce piuttosto a strapparti un sorriso, hanno diritto di cittadinanza nelle sue vignette.
A Lanciano, in una delle più interessanti edizioni della Mostra Internazionale della Vignetta Umoristica, fece sensazione (e si guadagnò il primo premio) la vignetta del leone che infilava una dopo l’altra le corone di un funerale come se stesse al circo; a Venezia e Strasburgo strappò di prepotenza il premio assoluto la vignetta di una gondola che affonda in un mare di carta bollata; ed un premio lo meriterebbe senz’altro la vignetta della donna incinta, nel cui ventre s’intravede il
feto di un diavoletto, mentre davanti a lei un prete si chiede: “Aborto o esorcismo?”
Da anni Trojano ha imboccato la strada, per lui quasi obbligata, dell’umorismo grafico: a questo approdo l’avrà certamente portato la sua predilezione per le vignette mute.
Oggi l’elenco dei suoi successi è diventato assai lungo. Collaboratore di giornali umoristici nazionali ed esteri, vincitore di ambitissimi premi, membro di giuria di vari premi umoristici anche internazionali, ha all’attivo venticinque libri (e altri ne verranno).
In questi ultimi anni va illustrando memorie, usi e tradizioni delle Genti d’Abruzzo
(ha già pubblicato I Frentani, I Marrucini, I Vestini, I Peligni, I Pretuzi, e sono in preparazione I Marsi e I Sabini), divertendosi e divertendo su nomi, usanze, prodotti e cucine tipiche: un giro della Regione antica e moderna fatta con occhio amoroso e spesso incantato, un gioco serio che conserva tutto il sapore di una fantasia che sa giungere al segno.
Diciamo subito che Trojano ha il dono della curiosità e della pazienza. Con queste due qualità s’intrufola nell’attualità della cronaca in punta di piedi e senza cipiglio; la cattiveria, non sa neppure cosa sia. Laddove altri si lancia a testa bassa e rompe ostacoli e fa sgorgare sangue e amarezza, toccando in particolare temi che sono le più aperte piaghe della nostra scombinata società, Trojano si fa largo con pudore, scuotendo con una certa grazia luoghi comuni e abitudini inveterate,
e quando graffia, non pare farti male,e se ferisce, prima chiede scusa.
Così assesta un colpo alla scuola ancora legata ai vecchi sistemi didattici (un alunno assediato dai pennini), un altro alla tifomania tutta nostra (gli italiani rappresentati con un pallone al posto della testa), uno all’esasperante violenza dei mass-media (una pioggia di televisori che è un vero bombardamento di una umanità che non sa come difendersi), uno alle speranze comunitarie di un’Europa degli egoismi (un castello di carte, in equilibrio, sul quale una mano sta per posare l’ultima carta, che potrà completare la costruzione ma anche far crollare tutto); uno, infine, ma con divertita ironia, senza alcuna seriosità, come ben appare, nelle ultime opere dedicate a un’umorosa rivisitazione dei Paesi d’Abruzzo, a quei tentativi (ma lo si legge tra le righe) e alle tentazioni di abbandonare la sanità di certi riti arcaici Via via il quadro di osservazione si amplia fino ad abbracciare il mondo.
E a Trojano bastano poche scene, efficacissime nella loro fredda staticità, pur essa voluta, quasi a rendere più raggelante il significato; ed ecco che a reggere il
mondo c’è non più Atlante ma un Pulcinella sornione e visibilmente atteggiato nel gesto di chi sta per scagliare lontano qualcosa che si rifiuta; ed ecco che il trattato di pace è un foglio inserito in una singolare macchina da scrivere, dove il cilindro del carrello è una canna di un fucile e i tasti sono i bossoli dei proiettili.
Come si vede, lo spunto non è univoco, e non lo è neppure lo spirito con cui la realtà è affrontata. Ma se si va a concludere, è sempre la società, in particolare quella italiana, esemplare di una certa assurdità, peggio, di una certa improvvisazione con cui si vivono le tragedie e si affrontano i problemi anche più vitali, è sempre la società a fare le spese di questa disincantata caccia al difetto. Una caccia nel quale Trojano, in fondo, si diverte. Assente ogni virulenza, smussata ogni tenebrosità, attenuato ogni impegno di parte, egli ci tiene ad apparire fuori, anzi al di sopra della mischia. È un po’ come chi non fa discriminazioni fra i bersagli, convinto com’è che di bersagli è pieno il mondo. Ciò facendo, rischia di apparire qualunquista.
Ma Trojano non se ne dà per inteso: qualunquista lui?
Lui che è attento a criticare il malcostume di una società in crisi, e colpisce aspetti negativi che tali sono da qualunque posizione politica li si guardi?
All’umorismo di Trojano manca l’aggressività, o almeno questa non è comunicata immediatamente, anche per quella specie di classicità compositiva e grafica che lo contraddistingue. E quando vengono trattati motivi politici, in senso stretto, perché di politica in senso lato, intesa come indagine sull’uomo e sul suo rapporto con gli altri uomini, qui si può senz’altro parlare, anche allora non si tratterà mai di satira politica. Questa ha bisogno di deformare stati d’animo e lineamenti: invece a Trojano manca – e lui lo ammette – il piglio caricaturale con tutta la sua carica travolgente.
Ma più che una professione, è la conferma di una precisa condizione ottica difronte alle occasioni del suo umorismo.
Perché lui, come un Cavaliere generoso, non colpisce, non bara, non spara attraverso la tasca: é aperto, sorridente, bonariamente sensibile ai drammi dell’uomo moderno anche quando mostra di volerne mettere a nudo le miserie. Un modo diremmo ariostesco di ridere del mondo e dei suoi pazzi Eroi.
Alfredo Ferruzza.
La conversione di Lucio Trojano al ruggito che sveglia e denuncia – lui che ha il volto e il temperamento di un angelo – è un segreto, il suo segreto.
Trojano vive a Roma, ma della sua Terra d’Abruzzo s’è portata dentro la rabbia di antiche e nuove ingiustizie e il disincanto che tutto continuerà puntualmente come prima. Il suo mondo, infatti, è popolato di finti pacifismi, di burocrati evasivi, di gente ansiosa a trasformarsi nella molletta di una catena di montaggio, soprattutto di voci invano clamanti in quegli elaborati e squallidi deserti che sono le nostre città.
Rabdomante, dunque, dei malesseri più sottili o vistosi.
GianMaria Polidoro.
Ammiro molto in Lucio Trojano la capacità di fare un intero discorso, di narrare tutta una storia attraverso una sequenza di disegni autonomi e collegati.
Non è facile costruire una vignetta, stendere un disegno umoristico, ma non lo è altrettanto raccontare una storia con la matita del disegnatore.
Ho avuto la fortuna di ragionare prima e di collaborare poi con Lucio in molte storie, imparando molte cose, soprattutto a tirar fuori insegnamenti per l’oggi da fatti lontani nel tempo, fatti che reggono ancora la cultura di tanta gente.
I volumi dedicati da Lucio a rinverdire i ricordi dei primi Popoli abitatori dell’attuale Terra d’Abruzzo, sono un grosso fatto culturale da non sottovalutare. Vorrei, anzi, che studiosi di storia li conoscessero e valutassero.
Sarà storia minore d’Abruzzo quella raccontata con le vignette, ma è certamente visione che non può essere trascurata. È storia dal basso, non togata, ma fonte di conoscenza e approccio sempre valido alla realtà umana della nostra Terra d’Abruzzo.
Franco Speroni.
Incontriamo nella sua casa Lucio Trojano, cinquantaduenne abruzzese di Lanciano, laureato in Giurisprudenza ed umorista per vocazione.
Ha collaborato ad importanti periodici, come il “Travaso”, “Marc’Aurelio”, “Eureka”, “Il Tempo”, “Paese Sera”, il tedesco “Pardon”, il rumeno “Urzica”, i turchi “Carsaf” e “Hurryet”, lo svizzero “Nebelspalter” e gli jugoslavi “Jez” ed “Osten”, nonché alla RAI-TV. Ha illustrato diversi libri, tra i quali il recente “Humour Roma” è una sua
personale ironica interpretazione della Roma del turismo di massa.
Di prossima pubblicazione “I Frentani”: duecentocinquanta disegni con didascalia, attraverso i quali scava con curiosità nel folklore e nella storia di tutte le città piccole e grandi che costituiscono il territorio occupato dall’antico Popolo che dà il nome al libro.
Nei premi vinti ci imbattiamo in una parete della sua abitazione, mentre sulle altre alcuni suoi disegni si alternano a quelli di colleghi e “maestri”, come Jacovitti ed il cecoslovacco Adolf Born.
“Sì – ci racconta – Jacovitti era l’autore più amato quando iniziai nel 1954, poi me ne allontanai dedicandomi sempre più alla satira sociale”.
Che cos’è la satira sociale? “Una branca dell’umorismo che è diversa dalla satira politica collegata alla cronaca giornaliera. Toccano entrambe gli stessi problemi ma la satira sociale non esaurisce la sua funzione in quel momento, cerca l’idea che è dentro le cose”. Accanto alla porta è appeso il disegno di una clessidra: in alto i ricchi e sotto i poveri che attendono che la sabbia cada perché la situazione si ribalti.
Questa vignetta ha vinto il Primo Premio Mondiale della Caricatura di Berlino nel 1980: “Questo è ciò che intendo per satira sociale, perché affronta un tema ricorrente e poi nel fondo c’è la speranza del cambiamento”.
Più in là, sul muro, un altro disegno rappresenta una macchina da scrivere; nel rullo si vede un trattato di pace ma il rullo è una canna di fucile ed i tasti sono dei bossoli. La satira di Trojano scatta infatti a livello dell’infinita possibilità di sviluppo delle situazioni, non definisce ma indica le contraddizioni, da qui il paradosso di una allegra malinconia.
Ma non abbiamo ancora tentato una definizione generica della satira:
“credo che la satira consista nel far emergere la stupidità dei miti negativi”.
“Quale tema tratteresti in questo momento?“
“Il contrasto tra la povertà e la ricchezza che, nonostante tutto. è sempre alla radice di molti problemi”.
C’è il collegamento tra satira ed impegno ideologico?
“Sì e questa è probabilmente la causa della vita difficile della satira. Chi fa satira sociale vede le cose con libertà. Non sono legato a nessuno schema, faccio l’umorismo che è libertà. Naturalmente si danno dei giudizi in ragione delle speranze che uno nutre ma al di fuori di interessi contingenti”.
Umorismo è dunque la libertà di deformare la realtà per comprenderla meglio. “Naturalmente, per non limitarci alla superficie, per dare una dimensione nuova della realtà attraverso il riso che stravolge l’ordine apparente delle cose”.
Su questa strada Trojano si è incontrato inevitabilmente con le tecniche delle Avanguardie artistiche.
Il disegno dedicato al tema “Venezia da salvare”, Primo Premio “tema fisso” al Salone internazionale l’Umorismo di Bordighera nel 1972 e Primo Premio del Consiglio d’Europa a Strasburgo nel 1973, è una normale carta bollata, sulla quale ha disegnato la prua di una gondola che affonda tra le righe di una burocrazia.
“Erano gli anni in cui si parlava molto dello stanziamento di fondi straordinari per Venezia che, però, affonda ancora oggi. Ogni anno ho ripetuto lo stesso disegno con la gondola sempre più giù tra le righe della carta bollata”.
Alla premiazione ci fu un po’ di maretta. Il consesso di onorevoli Ministri adunati per l’occasione è ricordato da una foto appesa capovolta alla parete:
“Anch’essa va giù, come Venezia”.
Una grossa lametta da barba in acciaio, fatta preparare appositamente ed incollata su un foglio dove una fila di donne è disegnata incolonnata sulla lama, è il lavoro presentato a Bordighera nel 1973, il tema era “Il Femminismo”.
La ricerca di nuovi mezzi espressivi, al di là del disegno a china è strettamente connessa al processo di spiazzamento concettuale proprio dell’umorismo e direttamente collegato con l’uso “improprio” di materiali comuni, tipico del
Futurismo, Dadaismo e del Surrealismo, volti a scoprire una dimensione nuova della realtà, una razionalità più completa, provocatoria e quindi più vera, sotto la crosta delle apparenze.
Il retorico perbenismo dell’ufficialità è al centro di un disegno raffigurante un’ipotetica inaugurazione, dove le molte autorità convenute non vedono che, al di là del nastro da tagliare, c’è solo spazzatura.
L’essere credente ti condiziona?
“No nel senso di una censura, perché la fede e le scelte politiche e sociali sono cose differenti”.
Nel congedarsi ci assale un piccolo dubbio. Abbiamo forse parlato di cose troppo serie, dovendo affrontare l’umorismo?
“Ma no, l’umorismo è una cosa seria”.
Giulio Andreotti.
Francesco Iengo, (Almanacco Abruzzese – 1995).
ITALICI D’ABRUZZO ANTICHI E MODERNI VISTI DA LUCIO TROJANO.
…il vino, dunque, che l’Abruzzo di Lucio Trojano viene a costituire, non è assolutamente né forte né abboccato né aspro: spero di essere riuscito, con i miei esempi, a suggerire che l’unica definizione che gli si può attagliare, è amabile.
L’Abruzzo di Lucio Trojano è un vino amabile. Ciò è dovuto al fatto che l’ironia, implicita nel fumetto di Trojano, è tenuissima, appena accennata: è un filo d’ironia, che, direi, proprio per quest’oggi, in un tempo di mancanza assoluta d’ironia e di carogneschi colpi bassi contrabbandati sistematicamente per satira giocosa, suona singolarmente trasgressivo e quasi d’avanguardia (c’è pur sempre qualche vantaggio ad essere dei signori in un universo di sbracati plebei, capelli bisunti e pance prominenti).
È così che, a petto dell’Abruzzo snob, ferino e sanguinolento, del primo d’Annunzio, o di quello giulebboso, dei pastori e degli estenuati contadini del Verismo pittorico e letterario, l’Abruzzo di Lucio Trojano diventa, veramente, gentile: gentile, prima di tutto, nel senso etimologico di nobile, e in secondo luogo, nel senso traslato di misurato, equilibrato, sereno.
I fumetti di Lucio Trojano conferiscono all’Abruzzo, direi soprattutto nel segno, quel “Quattrocento” che forse l’Abruzzo non ha mai conosciuto.
L’Abruzzo fumettato di Lucio Trojano è qualcosa di più dell’Abruzzo che conosce che ci vive, e questo è il miglior regalo che un Artista possa fare alla Terra cui è legato.
Gigi Proietti.
… i disegni di questa singolare vita di San Francesco sono di Lucio Trojano, un affermato umorista che ha saputo cogliere con acuta intuizione il riferimento storico fra la vita del Duecento e quella di oggi, quasi per un sillogismo di corsi e ricorsi, a cui non sfugge un senso ludico della storia e della società, tanto più che San Francesco era chiamato “Giullare di Dio”.
Carlo Azeglio Ciampi. Ministro del Tesoro, 7.10.1997.
Caro Dottore, ho ricevuto il Suo interessante libro riguardante la Storia degli antichi Peligni.
Desidero ringraziarLa per il Suo omaggio. Nella fierezza e nel vigore di questo Popolo della Civiltà preromana, vissuto in luoghi che mi sono famigliari, ho ritrovato aspetti comuni alla gente d’Abruzzo, a me cara perchè legata a vicendeomportanti della mia storia personale e che hanno profondamente inciso sulla mia formazione civile. Colgo l’occasione per inviarLe o più cordiali saluti.
Ivo Garrani.
Giuseppe Selvaggi, (Il Giornale d’Italia, 1996).
TROJANO: IL PUGNO DEL SORRISO.
Lucio Trojano (Lanciano 1934, tanti premi della satira disegnata) è Maestro del moderno umorismo. Quello affidato al solo disegno. Senza titolo, spesso. Al massimo una lettera “iniziale”, resa protagonista. Alcune sue vignette, in tal senso, possono essere inseribili, ma sono autonome, sue di Trojano, nella storia del Letterismo.
Trojano disegnatore satirico che analizza, con amarezza ma con disincanto, l’esistere collettivo. Dalla parte di chi è oppresso. Contro il partito dei furbi. La satira sociale di Trojano è tra le più essenziali oggi nell’umorismo disegnato. Le
sue vignette fanno centro polivalente: leggibili, nel silenzio del disegno parlante. In Italia, come a Tokio, come a New York, dovunque ci siano oppressi ed oppressori. Dalla Parte di chi soffre, sapendolo.
Trojano, giustiziere disegnando.
Delfina Metz.
EURO-TROJANO E ANCHE DI PIÙ.
Lancianese purosangue, Lucio Trojano, di abruzzese ha solo il fisico latino e la “coccia dura”. E l’attaccamento alla sua Terra, di cui ha magistralmente vivisezionato la sua storia, i costumi e persino i tic, nei suoi irresistibili volumi
autoctoni (“I Frentani”, “I Marrucini”, “I Peligni”, ecc.).
Ma il segno di Trojano vola alto, non solo sui confini “forti e gentili”, ma su tutte le
frontiere del mondo. Come le note di un musicista, i suoi disegni, le sue acute vignette senza parole, hanno un linguaggio raffinato e, insieme, accessibile a tutti. Cosa indispensabile nell’era informatica che non ha più confini.
Quando collaborò al “Marc’Aurelio” (di cui fui Direttore negli anni ’70), ebbe il merito, con il suo elegante segno senza frontiere, di donare all’Imperatore romano, simbolo del Campidoglio, cittadinanza mondiale.
Sono sicura che se, accanto alla bandiera di chi conquisterà Marte, ci fosse sventolante anche una vignetta di Trojano, persino i Marziani comprenderebbero il messaggio di questo alieno di casa nostra. E sorriderebbero, con le orecchie, con i politici o quant’altro… alla loro marziana maniera, insomma.
Vi pare niente, per un abruzzese purosangue, un sorriso cosmico?
Gianni Letta.
Massimo Cutò, (Il Resto del Carlino, 13-5-2004).
IL SORRISO AMARO DI LUCIO TROJANO.
“Preparate su un tavolo carta, penna e calamaio. Mettete a fuoco i difetti, i malesseri, le ansie, le preoccupazioni, i miti. Mescolate il tutto lentamente e quando il composto si farà tenace, unite a poco a poco amore e sensibilità quanto basta. Ripassate il tutto con la china. Togliete la maschera alla società e non fate bruciare la cronaca. Aggiungete un pizzico di fantasia e di buon gusto.
Lasciatela asciugare e riposare per pochi minuti e… datela in pasto ai lettori”.
Dietro l’immagine di un cuoco attento e concentrato, immerso nei fumi della sua cucina, con il pennino brandito al posto del forchettone, ecco apparire l’autoritratto di Lucio Trojano, abruzzese di Lanciano, che proprio in questa
avventurata stagione festeggia i settant’anni di vita e il mezzo secolo (più o meno) di carriera.
Trojano è uno straordinario disegnatore prestato all’Arte dell’Umorismo, uno dei più grandi che esistano in Italia e non solo. Basterebbe un breve elenco dei numerosissimi premi ricevuti:
le Palme d’oro conquistate a raffica al Salone di Bordighera,
la Medaglia d’oro al Salone di Bordighera,
la Medaglia d’oro all’Esposizione mondiale della Caricatura a Berlino,
le opere esposte in permanenza nei musei di Istanbul, Basilea, Tolentino.
E tanti altri riconoscimenti ancora.
Strameritati, come testimoniano le 50 tavole in mostra ad Ancona – una piccola antologica – nell’Università Politecnica delle Marche.
L’impresa è ancor più cospicua, considerata l’adorabile inconsistenza della materia trattata da Trojano.
Che cos’è davvero l’Umorismo? E come si costruisce una vignetta? La ricetta del cuoco aiuta a capire. Ma certo non spiega fino in fondo le alchimie segrete, la miscela vincente di ingredienti che trasmettono l’umore (l’humour, appunto) dell’Autore. Capace di saltellare lievemente fra satira, caricatura, arguzia e grottesco.
La cifra stilistica di Trojano è l’acrobazia di un virtuoso della matita. Valore grafico assoluto e solidità del pensiero si fondono in un prodotto unico, indefinibile, quasi miracoloso nel suo equilibrio.
Trojano è impalpabile, tenero, amaro. Trojano è cocciuto, forte e gentile (da buon
abruzzese, s’intende).
Con la china o i pastelli – temperati amorosamente dalla moglie Marcella, l’altra metà del suo cielo azzurrissimo – fa sostanzialmente satira di costume. Ma tocca di fioretto, non di sciabola. E colpisce dritto al cuore.
La sua è una denuncia assidua e appassionata dell’ingiustizia globale. Mai urlata, comunque: non è quello il suo stile. A lui non interessano le esasperazioni: miserie e nobiltà, splendori e squallori sono annotati con la diligenza del cronista, e poi sintetizzati nell’intuizione di una vignetta folgorante.
“C’è poco da ridere”, ricorda il titolo della mostra. Ma tanto da sorridere, quello sì, grazie al Maestro Trojano. E alla speranza che gli sale dal profondo dell’anima, spezzando un velo di assoluta tristezza.
Si ringrazia di cuore il Comune di Lanciano nella persona del
Sindaco Avv. Filippo Paolini
per la preziosa concessione del Teatro Fenaroli.